Nelle persone ipertese l’assunzione di caffeina è legata da una relazione non lineare a una riduzione della mortalità per tutte le cause, secondo uno studio pubblicato su Food Science & Nutrition. “Il caffè è una bevanda di largo consumo, di cui la caffeina è il principale ingrediente attivo. Tuttavia, la relazione a lungo termine tra consumo di caffeina e mortalità nei pazienti ipertesi è stata studiata in maniera poco completa” afferma Kun Wang, della Central South Univeristy, Changsha, Hunan, Cina, primo nome del lavoro.
Per colmare questa lacuna, i ricercatori hanno analizzato una coorte di 12.093 adulti statunitensi ipertesi partecipanti al National Health and Nutrition Examination Survey dal 1999 al 2018. Il consumo di caffeina è stato diviso in cinque gruppi: nessun consumo, da >0 a ≤100, da >100 a ≤300, da >300 a ≤400 e >400 mg/giorno. Utilizzando modelli di rischio proporzionale di Cox aggiustati per più variabili, gli esperti hanno eseguito un’analisi di follow-up di 20 anni (1999-2018).
In un modello completamente aggiustato, tutti i consumatori di caffeina avevano una mortalità per tutte le cause più bassa rispetto a chi non ne assumeva, soprattutto nel gruppo da >300 a ≤400 mg/giorno. Il risultato dell’analisi ha mostrato anche un’associazione non lineare tra il consumo di caffeina e la mortalità per tutte le cause. Per le malattie cardiovascolari, la mortalità è diminuita solo a livelli >400 mg/giorno, mentre per cancro, diabete e malattie renali, solo il gruppo da >300 fino a ≤400 mg/die era significativamente associato a una diminuzione della mortalità. Una mortalità inferiore per tutte le cause è stata in generale osservata nella popolazione bianca non ispanica, afroamericana, di età pari o superiore a 40 anni e nelle persone con un indice di massa corporea <25 kg/m2. “I pazienti ipertesi potrebbero trarre beneficio da un’assunzione moderata di caffeina” concludono gli autori.
Food Sci Nutr. 2024 Mar 8;12(6):4185-4195. doi: 10.1002/fsn3.4079. eCollection 2024 Jun.